Caro Stefano, mi chiedi una breve riflessione sulla biodiversità umana. Ancora non mi sento pronto per un argomento così specifico. Vado leggermente fuori tema e ti rispondo con una storia che riguarda la biodiversità in genere e la delicatezza dello sguardo come condizione necessaria per una visione corretta.
Negli abissi marini, dai mille metri in poi, il buio è assoluto. Non si vede più niente. Gli scienziati, desiderosi di conoscere le forme di vita che popolano luoghi così diversi, mandano giù batiscafi e altri mezzi dotati di fari e telecamere, per illuminare l’ambiente e filmare qualcosa. Poi però alcuni si rendono conto che quei fari illuminano solo “terrore e cecità”, perché per creature abituate al buio tutta quella luce è una violenza. E così per un raggio di circa cento metri è possibile illuminare solo chi non riesce a scappare. Gli organismi filmati non si comportano normalmente, visto che si trovano di fronte alla fine del mondo conosciuto (e cioè la fine del buio). Allora Edith Widder ha creato una telecamera che illumina e filma gli animali con una luce rossa, che loro non vedono. E così è stato filmato per la prima volta un calamaro gigante (credo nel 2012) che si avvicina alla telecamera rilassato, tranquillo e felice, la esamina per un po’ e poi se va via, sempre rilassato, tranquillo e felice. Ecco come vive un calamaro gigante nei suoi giorni migliori. Questo mi sembra voglia dire che ci vuole la luce giusta, per vedere le cose.
Enzo Fileno Carabba, scrittore