In ogni paese, grande o piccolo che sia, ormai c’è un popolo composto di popoli. Il mio è un paese nuovo rispetto a quello che conoscevo da ragazzo. Adesso la domenica rivela le mille lingue che parla con i suoi nuovi cittadini di importazione, quelli che nei giorni del lavoro sono invisibili, chiusi nelle case per occuparsi degli anziani o dei lavori domestici, ma la domenica sono loro che vedi in piazza, sulle panchine oppure a giocare a domino su tavolini portatili che aprono nei giardini. La domenica sembra un giorno di Carnevale con i colori sgargianti delle vesti sopra le carnagioni scure delle donne. Resta il problema di come fare incontrare una tale diversità per farne una ricchezza invece che un problema. Forse ci vorrebbero Case dei Popoli a fianco delle Case del Popolo. Perché per battere la diffidenza c’è solo la strada della conoscenza. Da dove partire? Dalla scuola e dalla comunità adulta che ad essa si affianca. A scuola non possono esserci divisioni, né di genere né di etnie. Finito l’intervallo si torna splendidamente mescolati in classe. Andavo a scuola in treno insieme ad una alunna di quinta. Mi diceva che ce l’aveva a morte con Gerta, la sua compagna di classe albanese. Le chiesi cosa era successo e lei mi disse che le aveva rubato il fidanzato: non c’era nessun rifiuto legato all’origine ma un dispiacere di quelli comuni tra coetanee. Quando sei stato insieme per cinque anni di scuola fianco a fianco diventi compagno di classe, una categoria a sé che genera una nuova origine.
Mio figlio alle elementari mi disse un giorno che Wen Tin non diceva la erre come noi ma al posto pronunciava la elle. Io gli spiegai che era perché veniva dalla Cina, un paese molto lontano e diverso dal nostro. Lui mi disse “No babbo, non c’entra il paese. Wen parla come Filippo”. Era vero che suo fratellino minore ancora non sapeva pronunciare la erre, ma il punto è che io gli davo una spiegazione che senza nemmeno accorgermene sottolineava una distanza e una differenza, lui invece nella elle di Wen vedeva un elemento di vicinanza: Wen era come il suo fratello. Da qui, da questa capacità della scuola di costruire legami con naturalezza, quasi per il solo tenere fianco a fianco, si può e si deve ripartire.
Beppe Bagni, docente