Nel dialogare, lungo gli anni, sul grande tema del futuro, per forza di logica si è dovuto parlare di giustizia e di pace. Senza queste ultime non è possibile pensare una progressione, domani, verso ciò che ancora deve accadere: sarebbe la grande lezione da apprendere in questa fase storica, se fossimo attenti sapremmo che non c’è alternativa. Penso che non si può trattare di pace e giustizia con linguaggi esauriti dalla retorica e dall’abitudine agli stessi scenari. Di certo, per far comprendere bene cosa comporti la loro carenza e il loro valore, mi sembra sempre più importante parlare di bene comune: ciò che serve a tutte e tutti è ciò che definiamo parte fondamentale della giustizia; e la pace è la possibilità concreta di vivere la pienezza delle proprie potenzialità di vita perché si è in grado di avere i presupposti per farlo. Nel dibattito attuale, soprattutto a partire dal tema essenziale della crisi dell’ecosistema, si è parlato forse più di beni comuni, che non di bene comune. Difficile far diversamente: aria, acqua, cibo, energia… In questa dinamica di trattazione talvolta ci dimentichiamo che il bene comune di riferimento è l’essere umano in quanto tale, le donne e gli uomini concreti che abitano questo pianeta e questa contemporaneità: le persone. È vero, dobbiamo rinunciare a quell’antropocentrismo che ha sostenuto il peggior concetto possibile di progresso, il turbo capitalismo prima e il neoliberismo poi, con le conseguenti tragedie che ne sono scaturite e ne conseguono. Siamo al centro di un reticolo di realtà che vivono, non siamo noi l’unico elemento di valore con la conseguente pretesa di esserne i padroni. Ma questo non vuol dire rinunciare alla responsabilità umana nei confronti della Natura, il nostro ruolo di senzienti, capaci di razionalità, di poesia, di fantasia. Se io analizzo in chiave confessionale, di fede, l’Ecosistema, definendolo Creato, il dettato biblico mi rimanda al concetto di relazione. Dio crea l’esistente per mettersi in relazione con i viventi e ciò che gli accoglie, nel mondo in cui vivono. Il mondo stesso diviene l’ambito della relazione possibile tra i viventi: la multiforme espressione della vita sulla Terra è indice di una meravigliosa potenzialità nel relazionarsi. Tanto più sono diverso, più posso mettere in condivisione. Ma si sa che su questo le opinioni dominanti sono di altro segno…Eppure sarebbe giusto poter constatare quanto pesa sulla nostra esistenza il pregiudizio, la distinzione capziosa, l’impossibilità di trovare riferimenti comuni per dirsi umane, umani. La decrepitezza del razzismo, il maschilismo, l’omobitransfobia, il classismo, il benpensantismo… la tristezza immane di questo modo di leggere l’umanità. Al centro dell’Evoluzione, non solo intesa in senso biologico o filogenetico, sta la meraviglia umana nel registrare, comprendere e liberare l’esistente, tutelandolo e promuovendo i fattori di futuro. Non è il caso di suonare solo lamenti funebri. Se vogliamo, è ancora tempo di danze che celebrano i canti della vita.
don Andrea Bigalli, parroco e attivista