I PRESEPI.
Olanda, gennaio 1979: un presepe peruviano donatogli da un amico parigino insemina in Luciano Panci, maremmano trapiantato a Firenze, una passione che, girando il mondo nel corso di trentanni, ha saputo modellare in ricca collezione privata ora a Scandicci.
Tante Famiglie insieme, Sacre e Immigrate, diverse per colori, forme, materiali e stili: espressioni di altrettante culture che sostanziano, non tradiscono, le intenzioni universali della Natività.
La ‘nostra’ capannuccia che diventa wigwam e la mangiatoia sostituita da un’amaca. Colori ‘altri’ nella pelle e negli abbigliamenti degli attori della Natività. E gesso accanto a legno di albicocco, terracotta, porcellana, argento, pietre dure, plastica.
La diversità porta informazione e dubbio: è invito, o sfida, a slargare i propri orizzonti. A ripensarsi non necessariamente ‘al centro’. Il wigwam non è la capannuccia ma una sua traduzione eticamente corretta: una forma di resistenza contro l’arroganza abituata a reinterpretare la differenza assimilandola.
Il presepe inoltre è da tempo inserito in complessi percorsi di ‘mercato’: a piedi, anche oltre l’Europa, i figurinai della Garfagnana esportavano la loro produzione artigiana di pastori e bambinelli di gesso.
In senso inverso il recente proliferare dei presepi viventi che, con significativo transfert, affidano a vicoli, scalette e archi dei propri piccoli centri storici l’evocazione esotica dell’oriente tradizionalmente delegata a stagnola, muschio e sughero.
Mercato implica turismo e identità: un ‘triangolo no’ secondo vulgata politico-culturale. Il mercato connesso al turismo renderebbe infatti non autentica l’identità locale e le sue ‘vere’ tradizioni.
Si potrebbe però obiettare che è proprio per identificarsi che il mondo tradizionale oggi soprattutto si mostra. In un nuovo mercato di relazioni dove le strategie per competere con le località vicine seguono tanto la via della fedeltà rigorosa quanto quella delle varianti innovative.
Le scatole di fiammiferi, nate nell’800 in Svezia, si sono rapidamente prestate a vari ‘riusi’ popolari: incluso quello di accogliere un minipresepe. Per ‘meravigliare’, al pari di altre ingegnosità artigianali che hanno costretto la scena della Natività entro un’oliva o un orologio da taschino.
Collezione significa in effetti anche gioia e meraviglia.
101 anni è vissuto Claude Lévi-Strauss cui non era sfuggito che gli adulti, nell’organizzare il Natale dei bambini, non denunciavano forse il loro stesso bisogno di credere “in una generosità incontrollata, in una gentilezza senza secondi fini: in un breve intervallo durante il quale siano sospesi ogni timore, ogni invidia, ogni amarezza?”.
Paolo de Simonis (antropologo)