Ecco, Io-crazia è un modo estremamente efficace di definire la contemporaneità: in essa, ciò che fa Legge è la chiamata incessante, mediante una serie debordante di stimoli, a divenir se stessi, ovvero a “fare” se stessi: fare se stessi nel medesimo senso in cui si costruisce un “portfolio delle competenze“, progettandosi step by step, conformandosi alle richieste produttive dell’ordine simbolico della performance. Si diventa soggetti, insomma, nell’atto stesso della propria performatività, laddove si misura il proprio valore sociale. Si diventa se stessi solo in questa incessante misurazione di sé, si diventa se stessi nel momento in cui ci si riduce a misura calcolabile, nell’orizzonte senza fine, senza limite e dunque non misurabile della prestazione. All’inizio era la performance, verrebbe da dire violentando Goethe, e la performance è un’origine senza fine.
Dire che la società della performance è una società Io-cratica significa dire che è la civiltà i Narciso (…)
Marco Rovelli, “Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui” minimum fax